vacanze sarde

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venerdì 11 luglio 2008

ATTENTI ALLA CICCIA DI CANE

La decisione presa dall'Ufficio per la sicurezza degli Alimenti di PechinoL'idea è quella di non urtare la sensibilità di atleti e turisti
Olimpiadi: no alla carne di caneStop per 112 ristoranti di Pechino
La notizia data da un blogger, sembra confermata
PECHINO - Niente cani alle Olimpiadi, almeno nei piatti dei ristoranti. Turisti e sportivi non potranno gustare la carne di cane, un piatto prelibato in estremo oriente. Una decisione che serve a salvaguardare le sensibilità occidentali: chi non avrebbe un mancamento trovandosi nel piatto un lontano "parente" del caro Fido lasciato a casa? La notizia è stata diffusa dal blog di Han Yue, dove si legge che l'Ufficio per la Sicurezza degli Alimenti di Pechino ha stabilito che i 112 ristoranti e alcuni hotel olimpici della capitale - con tanto di lista - non potranno servire carne di cane per non urtare la sensibilità di atleti e turisti stranieri. Anche gli altri ristoranti della città, in particolare quelli specializzati in cucina delle province dello Yunnan e del Guizhou e coreana, sono stati esortati dalle autorità a non servire il cane. L'Ufficio ha annunciato controlli su tutti i punti di ristorazione di Pechino. La carne di cane viene cucinata e mangiata in Cina fin dai tempi di Confucio (551 A.C.), e oggi è consumata sopratutto nella comunità coreana (che a Pechino è abbastanza consistente considerando che ci vivono circa 100 mila coreani). In passato si mangiava il cane nelle situazioni di penuria alimentare, in tempi più recenti è stata apprezzata per il presunto beneficio alla circolazione del sangue e all'energia Yang (polarità positiva opposta e complementare alla negativa Yin secondo la filosofia cinese), e oggi è considerata un piatto ricercato, anche se è sempre meno diffusa sia per l'alto costo che per l'avvicinamento della Cina al nostro Occidente.
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L'attenzione agli ospiti stranieri però non ha alleggerito i pesanti vincoli protezionisti ancora presenti per prodotti della gastronomia Made in Italy: la mozzarella di bufala campana Dop, altri formaggi freschi e a pasta filata non saranno sulle tavole di Pechino durante la quarantena imposta per la durata dei Giochi. Addirittura per i prodotti ortofrutticoli freschi, come mele e kiwi, ci sono stati ostacoli di carattere burocratico, sanitario ed amministrativo, che hanno impedito sinora le spedizioni.

ALITALIA VOLA VIA

Non solo Alitalia: la nuova legge Marzano estesa ai distretti in crisi
di Nicoletta Picchio
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11 Luglio 2008
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Una legge che serva ad accompagnare il riposizionamento strategico dei settori industriali in difficoltà, uscendo dalla logica dell'emergenza. Se al primo posto tra i problemi c'è l'Alitalia, l'attenzione del ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, che ha annunciato una revisione della legge Marzano e della Prodi, è a largo raggio. Riguarda anche le altre situazioni di crisi che esistono sia al Nord che al Sud della Penisola e non solo la compagnia di bandiera, anche se l'ipotesi di una modifica della legge Marzano è stata immediatamente colta dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Serve una riforma, la legge è troppo macchinosa per le esigenze di Alitalia. È un problema straordinariamente serio e servono risposte straordinarie. Credo che dobbiamo provare a salvarla e quindi le regole vanno riviste», ha detto ieri, a margine dell'assemblea degli imprenditori di Cuneo.La compagnia di bandiera è la punta di un iceberg. Ma, complice la difficile congiuntura economica, le situazioni di difficoltà sono diverse. La chimica, per esempio, con la vicenda di Porto Marghera e l'abbandono dell'area da parte della multinazionale Ineos: al ministero c'è già un tavolo aperto, dopo che sia il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, sia i sindacati, hanno chiesto l'intervento del Governo, sia per la ricerca di un nuovo possibile investitore sia per gestire i possibili scenari di crisi se non si dovesse trovare un nuovo soggetto industriale.È ancora grave anche la situazione del distretto del salotto delle Murge, fino a qualche anno fa polo di eccellenza del made in Italy ed oggi in forte affanno sotto la concorrenza degli imbottiti cinesi. La Nicoletti, uno dei marchi storici accanto a Natuzzi, ha chiuso e rischia il fallimento. Ma l'elenco delle aziende o dei settori potrebbe allungarsi, visto l'aumento delle ore di cassa integrazione e gli ultimi dati, negativi, sulla produzione industriale.Ieri Scajola ha voluto sottolineare l'impatto generale della riforma che ha in mente, una «riorganizzazione della normativa sulle crisi delle grandi imprese», per renderla più flessibile alle esigenze del mondo produttivo e «priva delle criticità che si sono evidenziate sotto il profilo comunitario». I riferimenti al caso Alitalia, ha detto il ministro, «sono libere interpretazioni». La Prodi e la Marzano per Scajola sono stati strumenti positivi, «ma è utile fare un ulteriore passo avanti». Via libera alla riforma, quindi, anche se di fronte alla domanda se la nuova legge potrà arrivare in tempo per salvare la compagnia di bandiera il ministro ha risposto «non sono un veggente». Anche il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, ha frenato: «Siamo tutti concordi ad aspettare che l'advisor finisca il suo lavoro. E mi risulta che presenterà una prima situazione a fine mese».Ciò non vuol dire che non si lavori alla riforma. Una prima bozza di testo ci potrebbe essere già la prossima settimana. Le esigenze più sentite, come possibili modifiche, riguardano la rapidità delle procedure, la possiblità di bloccare i debiti, mettendo la società in grado di operare e di prendere risorse finanziarie sul mercato, con l'obiettivo fondamentale di salvare l'azienda.Se Confindustria sollecita una revisione della Marzano, di parere diverso è il sindacato. Per Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, questa ipotesi potrebbe essere «peggiore del male». Il sindacato, ha detto, non vuole «nè scossoni, nè furbizie. Si può benissimo innestare la nuova Alitalia con la vecchia legge».